IL NEOCLASSICISMO
Il
Neoclassicismo è la logica conseguenza
sulle arti del pensiero illuminista. Nel
secondo Settecento si affermano orientamenti estetici nei quali prendono
importanza finalità come la promozione di un'umanità nuova, più semplice e
libera, vicina alla natura e al tempo stesso capace di seguire la ragione. Il
nuovo intellettuale, come era prospettato dalla voce “Filosofo” dell'Enciclopedia, doveva, tra l'altro, attribuire
un valore pratico ed utile al sapere ed essere socialmente impegnato.
Assieme
al rifiuto degli eccessi del Barocco e del Rococò, il Neoclassicismo guardava all'arte
dell'antichità classica, specie a quella della Grecia che si era potuta
sviluppare grazie alle libertà di cui godevano gli uomini delle poleis. In un primo momento questa ripresa classicistica si connotò soprattutto
come reazione allo stile barocco e alle sue frivolezze, contrapponendo ai
soggetti piacevoli ed edonistici temi di maggiore impegno e ai virtuosismi e
agli illusionismi pittorici degli effetti più misurati, basati sulla
compostezza della linea e sulla stesura uniforme del colore.
Il
termine fu coniato alla fine dell'Ottocento con intento dispregiativo per
indicare un'arte non originale, fredda e accademica.
Tuttavia
esso ben comunica il desiderio di ritorno
all'antico e la volontà di dar vita a un nuovo classicismo. Gli scavi di
Ercolano e di Pompei proponevano agli sguardi attoniti dei contemporanei
architetture, affreschi, statue, arredi, gioielli d'uso quotidiano di due
cittadine di provincia sepolte dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Il
movimento neoclassico ebbe come sede privilegiata Roma, fonte inesauribile
d'ispirazione classica, il suo massimo teorico fu il tedesco Johann Joachim Winckelmann. Il mondo dei
Greci e dei Romani assumeva il volto, negli scritti di Winckelmann e di altri
teorici del movimento, di una perfezione ideale,
confinata in una lontananza irrecuperabile eppure ancora capace di spingere gli
artisti contemporanei all'emulazione del repertorio iconografico e figurativo e
della mentalità degli antichi per farne rivivere lo spirito e, soprattutto, per
interpretare gli ideali e sogni del presente.
La
riflessione su ciò che è bello dal punto di vista dell'arte affonda le sue
radici nel pensiero filosofico greco, ma solo col secolo XVIII si assiste alla
nascita di una disciplina filosofica apposita, l'Estetica, finalizzata
alla comprensione del bello e dell'arte. Il primo ad utilizzare in questi
termini la parola estetica fu, nel 1735, il filosofo tedesco Alexander Gottlieb
Baumgarten nel libro Aesthetica, e furono riprese poi da
Immanuel Kant nella Critica del giudizio.
La novità che si fa strada nel corso del secondo Settecento è invece proprio
una concezione unitaria delle varie arti,
per cui esse hanno in comune un medesimo riferimento ad un ideale di bellezza e
si distinguono nettamente dalle tecniche, alle quali pure in passato veniva
attribuito il nome di “arti”.
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La statua di Apollo del Belvedere, Musei Vaticani.
Il gruppo scultoreo di Laocoonte e i suoi figli (I sec. d. C.) è una scultura monumentale di marmo che raffigura il famoso episodio narrato nell'Eneide di Virgilio.
Il troiano Laocoonte si vede assalito da due serpenti marini, per aver gridato ai Troiani che era pazzia fidarsi dei doni (il cavallo) dei Greci. Fu punito così da Poseidone che aveva già deciso sconfitta e la distruzione di Troia.
Il Gruppo del Laocoonte, Musei Vaticani.
NEOCLASSICISMO E ROMANTICISMO
Neoclassicismo e romanticismo costituiscono due importanti fasi di uno stesso processo storico e, pur sembrando a prima vista assolutamente antitetiche, risultano in realtà tra loro profondamente connesse sul piano artistico e culturale.
Secondo lo storico
dell'arte Giulio Carlo Argan il Neoclassicismo “non è altro che una fase della concezione
romantica dell'arte”, in quanto in entrambe le correnti si avrebbe il
prevalere di un “fattore ideologico,
talora esplicitamente politico” in sostituzione del “principio metafisico della natura come
rivelazione”.
Mentre il Neoclassicismo si fa promotore del ritorno
all'ordine, alla regolarità e alla disciplina, ispirandosi ai modelli classici,
il Romanticismo esalta la fantasia,
la sensibilità personale e la malinconia, esasperando il sentimento e
rifiutando tutto ciò che si poteva in qualche modo ricollegare con il
razionalismo illuminista che del Neoclassicismo aveva costituito la base
teorica.
Gli artisti e gli intellettuali
romantici, pur contrapponendosi in modo vivace a quelli neoclassici, hanno di
fatto una formazione assai simile e sono nutriti degli stessi studi. I
Neoclassici fanno appello direttamente al mondo della classicità greco-romana,
mentre i Romantici, dal canto loro, tendono a riconoscersi nella spiritualità
del Medioevo, visto come periodo di origine dei sentimenti e dell'orgoglio
nazionali.
Il modo di vedere e di
sentire la natura, ad esempio, rende perfettamente l'idea della radicale
contrapposizione ideologica dei due movimenti. L'uomo romantico si sente parte
integrante della natura e vi si immerge profondamente, personalizzandole e
modificandola in funzione dei propri stati d'animo e delle proprie necessità
espressive. L'uomo neoclassico, al contrario, si sforza di rimanerne estraneo e
di indagarne razionalmente le caratteristiche al fine di padroneggiarla,
negandole volutamente qualsiasi valore poetico ed espressivo.
In un caso e nell'altro,
comunque, l'arte tende a diventare stile, cioè insieme omogeneo di regole, di
tecniche e di contenuti facilmente individuabili e altrettanto facilmente
trasmissibili attraverso le scuole
d'arte e le accademie. In
questo modo si arriva a creare una sorta di gusto nazionale egemone,
generalmente ritenuto valido sia sul piano formale (estetico) sia su quello dei
contenuti (etico) ottenendo il risultato di controllare (ed eventualmente
contrastare) l'emergere di personalità o movimenti artistici in disaccordo con
gli indirizzi ufficiali.
Inoltre nel corso dell'Ottocento
si affermò una nuova soggettività dell'esperienza artistica, da cui dipese il
superamento della tradizionale suddivisione dei generi artistici e del sistema
di regole convenzionale, un fatto di portata enorme che diede avvio alla grande
pittura inglese, tedesca e francese (Turner
e Constable, Runge e Friedrich, Delacroix e Daumier).
ATTIVITA'
Rispondi brevemente alla domanda:
In che cosa consiste la polemica classico-romantica?
L’avvio della discussione fra classicisti e romantici è dato dalla pubblicazione di un articolo di Madame de Staël sulla «Biblioteca italiana» nel gennaio 1816, intitolato Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni. Madame de Staël aveva da poco pubblicato il libro De l’Allemagne [Della Germania (1813)], con il quale aveva introdotto nei paesi latini le nuove teorie estetiche del Romanticismo provenienti dalla cultura tedesca. Nel suo articolo prendeva di mira il gusto dell’erudizione e l’amore per la mitologia del mondo classicista italiano, la scarsa conoscenza degli autori stranieri (e di Shakespeare in particolare) nel nostro paese, l’estraneità della nostra letteratura al dibattito letterario europeo; e auspicava uno svecchiamento e un rinnovamento da compiersi anche con la traduzione delle opere moderne dei paesi stranieri, inglesi e tedesche in particolare. Risposero polemicamente alla Staël i classicisti (dapprima Pietro Giordani, poi il giovane Leopardi), mentre la difesero Ludovico di Breme, Pietro Borsieri, Giovanni Berchet, Ermes Visconti.
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